Ben conoscono questo pericolo gli
Assistenti Bagnanti che infatti imparano vari sistemi di liberazione e
presa. Vista l’impossibilità di insegnare ciò al cane, riteniamo che
questo in prossimità di una persona in preda al panico ed in procinto di
annegare, debba girargli davanti, vicinissimo, offrendo il dorso alla
presa. Riteniamo inutili e controproducenti gli anelli galleggianti
fissati all’imbragatura francese. Questi, oltre ad essere di dubbia
efficacia, rendono praticamente impossibile utilizzare normalmente
l’imbrago come se fosse un guinzaglio. Con detti attrezzi fissati,
l’imbrago finirebbe per essere usato solamente durante gli esercizi. Non
verrebbe mai utilizzato tutti i giorni al posto del guinzaglio e del
collare, durante le passeggiate in prossimità di specchi d’acqua. Verrebbe
in tal modo resa inefficace la prontezza e la sicurezza del sistema
operativo di salvataggio, che prevede il cane con l’imbrago sempre
indossato. Inoltre ben difficilmente una persona in procinto di annegare,
come ben ci hanno consigliato vari istruttori di salvamento, Jean Marc
Durand e gli americani del lavoro in acqua, si attaccherebbe a simili
attrezzi. Il pericolante, in preda al panico, afferra la prima cosa che
gli capita a tiro, la più grossa e la più facile da raggiungere.
Cioè il cane, non gli anelli. Quindi nell’addestramento dovremo insegnare
al cane a discernere la persona svenuta immobile da quella agitata in
preda al panico. Al lato pratico gli stessi cani istintivamente tendono a
comportarsi così come i nostri esercizi prevedono. Vi garantiamo che ciò è
più facile a farsi che a dirsi. Bisogna però avere la costanza di
insistere decine e decine di volte nella sua realizzazione. Necessiterà
variare i parametri di realizzazione dello stesso, cambiando i luoghi
degli addestramenti, cambiando i figuranti, partendo a volte dalla riva, a
volte dal battello di salvataggio. Bisognerà addestrarsi nelle giornate di
pioggia, con vento forte, col sole basso all’orizzonte che infastidisce
con i riverberi i soccorritori. Solo così facendo si potrà avere la
sicurezza dell’efficacia degli interventi dell’unità cinofila. Un altro
aspetto che bisognerà tenere presente negli addestramenti, è il soccorso
portato dal cane ad una imbarcazione in difficoltà. Il cane portando con
sé una cima favorirà il rimorchio dell’imbarcazione o il suo atterraggio.
L’equipaggio di detta imbarcazione potrà issare facilmente il cane a bordo
grazie alla maniglia di sollevamento presente nell’imbragatura marina di
salvataggio da lui indossata. Si eviterà in tal modo che i movimenti
dell’imbarcazione possano ferire il cane. Questi, soprattutto con mare
mosso, possono essere veramente pericolosi. Bisognerà quindi addestrare il
cane a non andare troppo sotto il bordo dell’imbarcazione, fermandosi a
breve distanza, possibilmente sottovento. Sarà anche compito del
conduttore del cane favorire ciò con ordini adeguati e manovre opportune.
Spero che a questo punto sia chiaro che la difficoltà del salvataggio non
è nell’apprendimento dell’esercizio.
È invece insita nella costanza con cui devono proseguire gli allenamenti.
Sono le condizioni dell’acqua, della corrente, delle onde, delle spiagge,
degli scogli, della risacca, del giorno e della notte a cambiare. È su
queste che dobbiamo lavorare. Con altri tipi di brevetti, a nostro avviso,
si rischia di passare tutto il tempo a disposizione ad insegnare al cane
esercizi che poco hanno a che vedere con il salvataggio vero e proprio.
Alla fine si avrà un cane capace di eseguire tanti esercizi, ma solamente
in determinate condizioni acqua-tempo. Dobbiamo invece avere la certezza
di poter operare con condizioni “ognitempo”. |